1° Maggio festa dei lavoratori, il discorso di Attilio Vanni in piazza Scalelle il 1° maggio del 1945.

Vanni-Attilio-300x185giovedì 30 aprile 2020
Mi piace ricordare il 1° Maggio riportando dal mio libro “Domenico Vanni, sovversivo per la libertà” questo ricordo ed il  il testo del discorso di Attilio Vanni, nato a Marradi il 12 aprile 1885, biforchese, impresario edile, sindaco socialista dal gennaio all’ aprile 1945, membro socialista del CLN con Arturo Scalini.
Di Attilio Vanni scrive il maresciallo Ulderigo Gazzarini comandante la stazione dei reali carabinieri in una informativa del 14 ottobre 1927 V anno della Rivoluzione Fascista: “…Ha militato nel partito socialista…fu il primo pioniere del partito socialista di questo paese, tenne più volte conferenze pubbliche riuscendo di attirare la buona parte al socialismo gli operai di questo paese…”). Con Palmerino Mercatali, Guglielmo Ranieri uno degli ex amministratori “ sotto l’egida di Gigi il Rosso (Luigi Maestrini) e degli altri compagni che regnarono in Marradi con l’etichetta socialista”, Giovanni Bernasconi segretario socialista e della Lega Operaia aderente alla Camera del Lavoro di Firenze, Giuseppe Mercatali , Alessandro Cappelli e Domenico Vanni (Consigliere Provinciale nel 1920) Attilio Vanni è uno dei principali protagonisti della Marradi Socialista della prima metà del secolo scorso.
Il discorso tenuto da Attilio Vanni il 1° maggio del 1945, il primo dopo che Marradi fu liberata dagli alleati il 25 settembre del 1944, è una pagina molto bella, improntata ai valori più pregnanti del riformismo turatiano, preludio alle più moderne teorie socialdemocratiche che hanno prevalso nella storia del movimento operaio dopo la caduta del muro di Berlino nel 1989.

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“Cittadini marradesi, Compagni! Mentre gli ultimi avanzi di quella che fu la tirannia fascista volge ignominiosa e la giustizia umana ha finalmente inchiodato al muro il rinnegato Mussolini; mi è caro potervi liberamente parlare in questo 1° Maggio, che si riallaccia all’antica consuetudine di celebrare la festa dei lavoratori. Ricordiamoci, che non dobbiamo essere degli approfittatori di questa libertà tanto duramente conquistata poiché altrimenti cadremmo nell’errore del 1919, i fatti che si sono succeduti ci debbono dare esempio, se vogliamo che questa nostra Italia risorga bella e libera non insozzata di sangue impuro, non abbandoniamoci in pretese egoistiche, tutto ciò che desideriamo deve avere scopo collettivo, poiché soltanto, seguendo l’antica divisa socialista: uno per tutti e tutti per uno, potremo risanare le orribili ferite che dilaniano la nostra povera Patria. Nelle rovine e nelle distruzioni che vediamo nel nostro paese, dobbiamo vedere l’immagine di quelle che sono le sofferenze di tutta l’Italia. Mentre noi pensiamo intanto alla ricostruzione delle nostre case distrutte mettiamo in questa opera la nostra volontà e tutto il nostro spirito di sacrificio. Solo con una stretta e leale collaborazione di tutti i lavoratori del braccio e del pensiero, senza pregiudizio di partito, potremo riuscire ad ottenere veri e proficui risultati.
Lavoratori! Non aspettate a fare il vostro sforzo solo quando la vostra famiglia, sentirà la stretta del bisogno materiale, ma iniziamo subito l’opera della ricostruzione, con animo fermo e braccio vigoroso. Avremo così l’orgoglio di mettere il nostro paese uno dei più colpiti dall’asprezza della guerra, all’avanguardia dei paesi d’Italia.
Il braccio del lavoratore marradese, si è distinto sempre ovunque esso sia portato, in Italia ed all’estero, questo braccio deve oggi centuplicare le sue forze e dimostrare la sua bravura per ricostruire i focolari infranti e far sì che, il paese riprenda nel più breve tempo possibile il suo aspetto e la sua vita normale.
Date prova di voi stessi, perché soltanto così i vostri dirigenti potranno sostenervi di fronte a qualsiasi conflitto di interessi che potesse sorgere tra capitale e lavoro e difendere i vostri santi interessi.”

Attilio Vanni 1 maggio 1945 

 

Rodolfo Ridolfi

Ridolfi rende omaggio alle vittime del virus cinese ed al dottor Iannucci, elogia il personale sanitario ed i volontari.

 

UMCM da remoto
UMCM da remoto

sabato 25 aprile

Nel corso della riunione del Consiglio dell’Unione dei Comuni Montani del Mugello, del 24 aprile scorso, illustrando l’interrogazione che insieme al collega Mauro Ridolfi aveva presentato, il 19 febbraio scorso, sullo stato di emergenza sanitaria Sars 2 Coronavirus per l’epidemia diffusasi dalla città di Wuhan in Cina; sulle misure di contenimento adottate e sulle precauzioni igienico sanitarie necessarie, Rodolfo Ridolfi ha ricordato che la richiesta allora di una convocazione urgente del Consiglio sarebbe stata opportuna, anzi necessaria. Ciononostante, ha sottolineato, come la Società del Mugello e dell’Alto Mugello abbia reagito per il meglio ed il sistema, al netto delle gravi lacune ed i mancati appropriati controlli ed interventi in due RSA, abbia funzionato grazie al personale medico, paramedico ed ai tanti ammirevoli volontari ai quali deve andare la riconoscenza di tutte le Istituzioni.

Giandomenico-Iannucci

Ridolfi si è poi soffermato a ricordare l’estremo sacrificio del medico di Scarperia: Giandomenico Iannucci, che operava a Scarperia e San Piero esprimendo vicinanza, affetto e condoglianze alla famiglia, credendo così di interpretare i sentimenti di tutto il Consiglio dell’Unione. Il Presidente dell’Unione Moschetti a seguito delle parole di Ridolfi ha chiesto che l’Assemblea rispettasse un minuto di raccoglimento.

25 Aprile, il 75° anniversario della Liberazione nell’anno del Pandemia del virus cinese.

vannimercoledì 22 aprile

In questo clima di dopoguerra che la Pandemia del virus cinese ha riproposto il 75° anniversario della Liberazione assume un significato particolarissimo; noi lo vogliamo celebrare riproponendovi la lettura del libro di Rodolfo Ridolfi “Domenico Vanni-Sovversivo per la libertà” che racconta la figura del grande e autentico combattente antifascista marradese.

Domenico Vanni classe 1889 scalpellino, pioniere del socialismo nella Romagna Toscana, consigliere provinciale di Firenze nel 1920, antifascista, partigiano, deportato a Mathausen, vicesindaco di Marradi nel 1946, socialdemocratico, imprenditore a Parigi, amico di Nenni e di Saragat. Un saggio quello di Rodolfo Ridolfi che partendo dal nonno riscrive una parte importante della storia politica ed amministrativa fra le due guerre e si spinge fino agli anni novanta. 130 pagine, arricchite da immagini, si animano delle testimonianze, spesso sussurrate all’orecchio, dei terribili accadimenti del passaggio del fronte, dei lutti e degli atti di eroismo e degli omicidi della guerra civile in un’area che fu teatro di acerrimi scontri fra alleati e nazifascisti. Ridolfi ricostruisce in maniera organica la presenza delle formazioni partigiane nell’appenino, ricorda i martiri e fra questi Bruno Neri, riporta l’articolo di Marino Pascoli sulla Voce del 1947 a proposito dei falsi partigiani e rende onore a tutte le vittime. Nella prefazione si legge: “Nel libro di Ridolfi c’è la leggerezza incosciente di un Paese che spianò la strada al regime e ne subì passivo le violenze e gli errori. Ci sono quei ragazzi italiani che attraversarono il fascismo come una malattia lunga e dolorosa ma mai mortale, perché la loro fede nella libertà era più forte e un giorno avrebbe vinto. Poi c’è la guerra civile, le atrocità, la ricostruzione vista non in astratto ma nella vita quotidiana dei nostri borghi, distrutti dalle bombe eppure vitalissimi, quasi euforici, ubriachi di democrazia. E c’è il dopoguerra, la ripresa, la crescita, il cambiamento politico e sociale. Ma nel libro di Ridolfi c’è anche altro, qualcosa che scotta e coinvolge subito il lettore: una ricerca di verità che costringe a infrangere molti miti, molta di quella retorica sulla Resistenza che per decenni ha inchiodato l’Italia ad una finzione. Da un lato c’era il Male del fascismo oppressore, dall’altro il Bene assoluto della Liberazione. La Liberazione fu una grande prova di orgoglio e di riscatto nazionale. Ma fu anche la vicenda di un popolo che – magari proprio nella Toscana della vivacissima Marradi o nella Romagna, regioni prima così nere poi d’incanto così rosse – cambiò bandiera per puro opportunismo. Fu, soprattutto, la durissima e sorda lotta fra i liberatori, che proseguì quella combattuta nei tempi dell’esilio e dell’antifascismo letterario ed epistolare. Se negli anni venti e trenta Matteotti, Turati, Gobetti e Rosselli erano fra i principali nemici di Gramsci e di Togliatti, un attimo dopo aver sconfitto il nazifascismo quel conflitto si ripropose con forza, seppur celato dal trionfalismo di un Paese in festa e dalla geopolitica che voleva l’Italia in ogni caso “occidentale” e “americana”. Ben poco emerse, quindi, di un duello cruento che si svolse senza nessuna ribalta, come sepolto e dimenticato. Ben poco restò, nella memoria collettiva, di quel sangue che – per avvicinarci alla formula usata da Pansa, “Il sangue dei vinti” – fu il sangue innocente dei “vincitori”: i socialisti riformisti in primis, ma anche i liberali e i cattolici, che avevano vinto anch’essi la guerra alla dittatura ma furono presto schiacciati dall’organizzazione militare comunista. Una cultura totalitaria non dissimile da quella appena sconfitta, anzi certamente più feroce e determinata. “Mio nonno fu tanto antifascista quanto anticomunista”, dice Rodolfo Ridolfi di Domenico Vanni, e si coglie nelle sue parole un orgoglio trattenuto troppo a lungo, perché nell’antifascismo di maniera i due totalitarismi erano visti come sideralmente distanti. Invece, a creare questa separazione fu solo la tracotanza dei più potenti fra i vincitori che, come sempre accade, riscrivevano la Storia a loro piacimento. La vita di Domenico Vanni, che per l’autore è il punto di incontro di “ricordi, convinzioni ed emozioni”, va quindi oltre la biografia e diventa l’occasione di riscoprire ciò che siamo stati davvero.

P.S.

Ricordo di “Cinto” Gurioli nel 54° anniversario della morte

img20160420_18043571martedì 21 aprile

Il 21 aprile del 1966 moriva a Marradi all’età di 53 anni Marco Giacinto Gurioli il popolare Cinto, nato a Aigle (Svizzera), era il più giovane degli undici figli di Enrico e Uliva Camurani emigrati che gestivano un ristorante ma che rientrarono a Marradi allo scoppio della prima guerra mondiale. Il giovane Marco frequenta la scuola comunale di musica diretta dal maestro Boldi e impara a suonare, il pianoforte, l’organo, il clarino ed il sassofono. Fa parte e recita nel ’39 nel Teatro Educativo Asilo di Marradi con l’intramontabile Marco Alpi (Capana), Enzo Barzagli, Vieri Buccivini, Lello Campana, Orazio Monti, Goffredo Nannini, Renato Ridolfi e la mitica Carolina Benini con la quale fonderà, insieme a Enzo Barzagli e i fratelli Torsitano, la compagnia di prosa del Teatro degli Animosi. Pompiere, virtuoso artigiano falegname. da il meglio di sé come compositore e musicista.  Suona nella Filarmonica locale. fonda insieme a Giuseppe Biagi e Pietro Maretti, la “Schola Cantorum” della Chiesa Arcipretale di Marradi dove suona l’organo come pure nella Chiesa della SS.Annunziata delle Monache Domenicane.

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Nel 1945 è assessore comunale e fra i soci fondatori della Cooperativa di Consumo con Ottorino Randi e Angiolo Cappelli, ma, soprattutto, musica e dirige una serie di Operette come “Cenerentola” e “Fior di Loto” per la regia e la coreografia di Renato e Gina Ridolfi. Ed ancora “La Regina delle Dolomiti” e “La Ragazza Ungherese”  che, insieme alle tante recite scolastiche,  gli valgono numerosi attestati e riconoscimenti del Patronato Scolastico e della Direzione delle Scuole elementari e agrarie di Marradi. Cinto acquista, da Elisa e Manlio Campana, il 3 settembre 1946, il pianoforte della famiglia del poeta. Sposato con Isolina Fabbrini, “Lina di Cinto”,   scomparsa nel 2011, molto volentieri lo ricordiamo, insieme ai figli Enrico, Silva, Giampaolo Pape e le nipoti Arianna e Raffaella, nel cinquantaquattresimo della morte. In sua memoria è uscito il libro “Cinto-Frammenti di Piani” il 19 novembre 2019 con allegato il CD del figlio Pape Gurioli.

La redazione