Settant’anni della Repubblica a Lutirano

  • thQuest’anno in occasione dei Settant’anni Repubblica Italiana a Lutirano nel Comune di Marradi, la Parrocchia di San Pietro Apostolo, Il Circolo Parrocchiale CSI e l’Associazione Volontari per la Valle Acerreta hanno organizzato due giorni di eventi e iniziative per raccontare e ricordare come la Valle Acerreta ha vissuto la Prima e la Seconda Guerra Mondiale.L’iniziativa ha anche lo scopo di porre l’attenzione sulla piccola comunità di Lutirano,ambiente straordinario ricco di aziende e esperienze agricole d’avanguardia ma difficile da scoprire.

    La “Due giorni” si aprirà il 1 giugno con un convegno nel quale interverranno lo storico Romano Rossi, co-autore di “Battaglie sulla Linea Gotica” e di “Battaglie sull’Appennino” due libri basati su documenti originali dei reparti alleati impegnati sui nostri territori, e l’avvocato Cesare Luigi Bonfante autore di “La Guerra nelle mie valli” opera da tempo esaurita e della quale in tanti sperano in una prossima ristampa.

    A testimoniare il passaggio della guerra nella Valle il Dr. Francesco Catani, Don Anselmo Fabbri, il M.o Adelmo Usvelli, la Sig.ra Carolina Piani e il Sig. Pietro Vespignani.Infine Massimo Mercatali sulla base di foto aeree e documenti storici accompagnerà il pubblico in una lettura del rapporto tra azione militare e territorio.

    Il 2 giugno per la Festa della Repubblica, alle 10.30 sul Passo della Cavallara la Comunità Sikh d’Italia, alla presenza di Autorità civili e militari, ricorderà il sacrificio dei reparti indiani che combatterono sull’Appennino e sul Passo della Cavallara.

    Continuerà alle 13.00 con una degustazione di prodotti tipici offerta dalla Comunità di Novellara che vorrà essere un vero e proprio “Festival delle Spezie” e si concluderà con un’ esibizione di danze tradizionali

    Alle 16.00 la celebrazione di una Santa Messa per i caduti di tutte le guerre e lo scoprimento della lapide restaurata dedicata ai caduti Lutiranesi nella Prima Guerra Mondiale.

    Il programma della “Due Giorni” si chiude con un rinfresco offerto dal Circolo Parrocchiale CSI  di Lutirano a tutti i partecipanti

Una grande dipartita: “Prof. Francesco Baldassarri” (1/11/1914-7/5/2016)

Francesco Baldassarri il giorno del suo centesimo compleanno
Francesco Baldassarri il giorno del suo centesimo compleanno

domenica 15 maggio

Il 7 maggio scorso il prof. Francesco Baldassarri, nato nel Comune di Brisighella il primo novembre 1914, ci ha lasciato orfani della sua onnipresente attività improntata all’amore per la sua terra, la Romagna Toscana,  all’ impegno serio, costante e generoso nelle Istituzioni dove ha operato al servizio dei bisognosi sempre ispirato e guidato dalla esperienza straordinaria ricavata dalla vicinanza e dalla collaborazione con il sacerdote romagnolo Don Giulio Facibeni. Lo ricordo brillante consigliere comunale di Marradi alle prime libere elezioni del 1946 e premuroso presidente dell’Asilo Infantile “Fratelli Scalini” nei suoi quattordici anni di mandato, 1949-1963.

La sua famiglia contadina, come facevano in quel tempo tutte quelle che non avevano sufficienti  mezzi  per intraprendere gli studi, ed anche mia madre fra questi, lo affidò al  seminario vescovile di Modigliana, ma Francesco, non avendo la vocazione sacerdotale,  fu poi indirizzato dal suo parroco a Firenze ad aiutare don Giulio Facibeni, che era stato cappellano militare, durante la prima guerra mondiale sul Monte Grappa e a tutti i soldati che morivano, angosciati per la sorte dei figli che sarebbero rimasti orfani aveva promesso di occuparsene personalmente. Alla fine della guerra Don Giulio,  infatti, aveva cercato in tutta Italia i figli dei suoi soldati per assicurare loro  sostentamento, istruzione e avviamento professionale e nel 1924 aveva iniziato quell’ opera di carità che tutti ricordiamo  col nome di Opera della Divina Provvidenza ” Madonnina del Grappa”che si è poi estesa a tantissimi ragazzi bisognosi. L’ incontro con il Padre (come chiamavano a Firenze Don Giulio Facibeni) ha segnato per sempre la personalità di Francesco. Rimase con lui molti anni come educatore e collaboratore frequentando cosi l’Università fino a quando le drammatiche vicende della seconda guerra mondiale lo costrinsero ad allontanarsene. Come Don Giulio si laureò in lettere e ha lavorato tutta la vita nella educazione dei giovani, trasferendosi, nell’immediato dopoguerra ad Imola in quanto vincitore del concorso per direttore del convitto per ragazzi con problemi famigliari e studenti fuori sede, convitto che adesso non esiste più ma che allora faceva parte delle Opere Pie dell’Ente Ospedaliero Santa Maria della Scaletta. Il 18 settembre del 1950 si sposò  con Romea Neri, fino all’ultimo al suo fianco. Dal loro matrimonio sono nati i figli: Giuliana, Luigi Carlo e Alberto. Ha quattro nipoti e una pronipote. A tutta questa bella e cara famiglia, cui vanno le nostre più sentite condoglianze, assicuro, interpretando il sentimento, di tanti che lo hanno conosciuto e che gli sono grati, che saremo sempre estimatori della grande e schietta attività di questo nostro grande concittadino che indichiamo a tutti ed in particolare ai giovani come esempio da imitare.

 Renato Ridolfi

Scoperto per voi nell’intervista a Stefano Mordini e Riccardo Scamarcio, prima della proiezione al Cinema al Corso di Reggio Emilia.

IMG_3636 IMG_3638 IMG_3637Reggio Emilia, 11 maggio 2016

Scoperto per voi nell’intervista a Stefano Mordini e Riccardo Scamarcio, prima della proiezione al Cinema al Corso di Reggio Emilia.

 “Senza Pericle non ci sarebbe Pericle il Nero…..” cit. Stefano Mordini Regista

Cosa vi aspettate da Cannes?

Il Meglio!

Pericle il Nero”, del Regista Stefano Mordini, e che vede nella duplice veste di attore protagonista e produttore Riccardo Scamarcio, come ci racconta Mordini, si attiene fedelmente al romanzo dell’ischitano Giuseppe Ferrandino, ma è vero che il personaggio di Pericle, rispetto alla storia, spicca inevitabilmente, essendo di per sé un personaggio ricco.

La pellicola è stata girata in Belgio, dove Pericle è cresciuto, ed in Francia, scelta che esclude Napoli, ma che accede volutamente ad una dimensione nuova del racconto.

Una pellicola che ha permesso ai due, che si conoscono da tempo, di fare un salto, di crederci davvero senza se e senza ma, ed abbracciare questo progetto pur sapendo di lasciare la chimera della certezza e affidarsi, senza censura, ad istinto ed intuizione. Se Scamarcio tesse le lodi di un regista al quale ha concesso fiducia, anche in veste di produttore, credendolo pronto per una pellicola così delicata, ci spiega che lo ha fatto riconoscendo nelle precedenti pellicole di Mordini – Provincia Meccanica e Acciaio – un regista maturo, dotato di gusto e stile.

Dal canto suo Mordini, dopo avere visto il film, riesce davvero a far mangiare la pellicola al protagonista Scamarcio.

. PERICLE IL NERO: DURO, INTENSO, FEROCE

 Se si resiste al primo quarto d’ora del film, che ti colpisce come un jab di Cassius Clay, Pericle il Nero, CRESCE, nonostante la linea di partenza sia la terribile deriva della negazione della persona: “tu non dovevi proprio nascere…”. Film prevalentemente noir, forte di argomenti trattati con realismo e razionalità da un punto di vista totalmente malsano: la realtà di cui si parla è la realtà della Camorra. Pericle il nero può essere l’ ombra oscura vivente di Pericle, la persona che piano piano si libera dalla linearità della negazione della vita, sempre uguale, monotona, crudele, aggressiva, senza emozioni, senza sentimento! In questo film tutto regna e viene agito nell’inconsapevolezza dell’Essere…..Pericle.

Nel divenire del film, come Pericle cresce, per farsi uomo, così cresce un’intensa interpretazione di Riccardo Scamarcio e la trama gli scivola sotto i piedi, le parole fanno da sfondo e si perdono nei tratti di un volto che ti fa sentire assenza, disagio e dolore: “io preferisco la roba chimica la sciolgo nell’acqua e sembra che non mi fa male…”. Scamarcio riesce a passare completamente il condizionamento mentale estremo che è la base della malavita organizzata. Spaventosa la freddezza con cui la sua Ombra agisce ogni santo giorno figlia dell’’educazione gli ha plasmato la mente attraverso la menzogna di Don Luigi, il grande Padre; Pericle accetta tutto senza ribellione pur di non vivere la Solitudine, preferisce viversi giornate rinchiuso, nascosto, piuttosto che vivere solo.

Riempie lo schermo una fotografia poetica di Calais, che così bella non è stata mai, con un traghetto immateriale di fronte alle lacrime della solitudine umana. La Solitudine, tematica fondamentale che racchiude tutta l’oscurità’ del vuoto, quel senso di vuoto che Pericle è costretto a riempire con la droga per non pensarci e con l’immaginazione.

Calais e davanti agli occhi un’altra sponda! La sponda dell’immaginazione, rifugio dove il regista lavora, impasta, la rinascita del NERO: che solo nel regno dell’immaginazione si era fatto figlio, padre e uomo per gran parte del film.

Un uso dei simboli magistrale quello di Mordini: un traghetto che non è necessario prendere ma che è bene evocare per lasciare la Camorra “famiglia”, che tiene schiavi e che in un sottile gioco di appartenenza viene confusa con un porto sicuro, un luogo di affetti, ma che divora prendendo la vita.

Per diventare uomini è necessario piangere le lacrime della sopravvivenza, del non ritorno, Pericle lo fa, diventando un vero assassino e non uno sciupa vite per conto terzi qualunque. Comincia così drammaticamente la conquista della libertà, davanti ad un traghetto, illuminato come una rificolona, che sta rientrando in porto, sulle note di “wild is the wind” mentre suona: “love me love me say you do…”. La rinascita difronte all’immensità del mare e Pericle piange! Un pianto finalmente liberatorio, come quello di un neonato appena uscito dal grembo materno.

Pericle cresce e va oltre la linea oscura, segnata magistralmente anche nel corpo con un tatuaggio sulla schiena, come se il regista volesse imprimere con forza la prigione di uno stato mentale plasmato ed imprigionato dalla malavita.

Un noir che non rinuncia alla speranza e ad un briciolo d’amore. Solo nel Cuore, Pericle il Nero, trova la Vera Forza e il Vero Coraggio di diventare finalmente Pericle….oltre la linearità: non più un uomo duro e feroce bensì un Uomo libero, vero, amabile e bello…..che vuole amare non solo fottere! Pericle il Nero, alla fine, prende la sua strada fatta proprio di speranza, e come scrive Carlos Castaneda: “….Entrambe le strade non portano da alcuna parte, ma una ha un cuore e l’altra no.”

Raffaella Ridolfi – Elisa Mercatali

Gli alpini hanno festeggiato il tenente Renato Ridolfi, classe 1919, con una bella e suggestiva manifestazione.

gruppodomenica 8 maggio

Una manifestazione ricca, di valori identitari e culturali importanti, quella voluta ed organizzata  dal Gruppo Alpini di Marradi ”Gilberto Mercatali”  con il patrocinio del Comune e la partecipazione dell’ Associazione Istituto Friedrich Schürr per la tutela e la valorizzazione del dialetto romagnolo. L’occasione la festa  per le novantasette primavere del tenente degli alpini Renato Ridolfi che è stata anche l’occasione per presentare la sua ultima fatica letteraria “QUADÈRNE Il mio Zibaldone” pubblicato nel dicembre 2015. Grande  partecipazione e significativa presenza delle rappresentanze delle penne nere di Faenza, Borgo S.Lorenzo, Brisighella e Palazzuolo sul Senio. A far gli onori di casa il Capogruppo della sezione Alpini di Marradi Angelo Gentilini e l’alpino dott. Aki Kostis che ha introdotto e coordinato l’impeccabile evento al quale hanno dato il solito straordinario apporto le Signore Anna,  Paola e Stella. La mattinata si è dipanata in modo semplice ma molto interessante, a volte emozionante come quando  l’alpino Romano Bassi di Faenza ha recitato: “PENNA NERA Esile lembo di un’ala” del generale Aldo Rasero :

 renato

Esile lembo di un’ala

che sa di altezze infinite,

di spazi sconfinati,

di dominio dei monti

e del piano. 

Simbolo dei soldati dell’Alpe

perpetui nel tempo

sibili di tormente,

furor di battaglie,

pietà di opere buone,

calvari di penne mozze.

Segno imperituro

di forza, di coraggio,

di sacrificio, di valore,

piantata sul cappello alpino,

svetti nel cielo come bandiera

vecchia e cara penna nera.

con Casadio

O quando il Maestro Michele Carnevali, paracadutista ha interpretato con l’armonica a bocca “Sul cappello”e suonato con un’ocarina strumento di terracotta largamente utilizzato dalle truppe della Grande Guerra, ritrovata sul Carso,  la musica di trincea “La tradotta”. All’intervento del dott. Kostis che ha tracciato un quadro biografico di Renato Ridolfi sottolineando le parti più significative del suo libro  è seguito l’intervento del Prof. Gilberto Casadio Vicepresidente dell’Associazione Istituto Friedrich Schürr per la tutela e la valorizzazione del dialetto romagnolo che ha analizzato ed apprezzato gli scritti e le zirudele in dialetto marradese. Gli scritti dialettali di Renato Ridolfi non rappresentano infatti solo un originale e divertente esercizio di cultura popolare, ma una testimonianza, che da rango letterario ad una tradizione, prevalentemente orale, dell’uso del dialetto marradese. Renato Ridolfi è uno dei pochi scrittori marradesi ad utilizzare il dialetto dopo Anacleto Francini. Il prof. Casadio ha voluto leggere ai presenti anche due favole di Fedro, tradotte dal latino al dialetto e  la poesia in lingua di Renato Ridolfi scritta il 6 novembre 1966 due giorni dopo l’alluvione di Firenze “Acquaforte”.

con aky

Dopo l’intervento del Sindaco di Marradi Tommaso Triberti ed il ringraziamento a nome della famiglia, della nipote di Renato, Raffaella, il capogruppo degli alpini marradesi ha consegnato a Renato Ridolfi una targa ricordo e Renato Ridolfi in un breve intervento ha voluto ringraziare, visibilmente contento ed emozionato, le autorità presenti e soprattutto la sua famiglia alpina che gli ha regalato la bellissima giornata proprio in occasione del suo compleanno ed agli alpini ed ai presenti fra i quali, in rappresentanza dell’Arma dei carabinieri, il maresciallo comandante la stazione di Palazzuolo Sul Senio Antonio Porfida, il suo “QUADÈRNE” . Un ricco buffet, un brindisi, le foto di rito e tanti ricordi hanno concluso l’evento.