La Battaglia delle Scalelle di Campigno 24 luglio 1358

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lunedì 23 luglio
Sono passati 661 anni dalla Storica  “Battaglia delle Scalelle” di Campigno  e i marradesi ricordano  quel 24 luglio del 1358 quando esempio di eroica virtù i montanari fermarono le armate mercenarie del “Conte Lando”.
Il 24 luglio del 1358, rappresenta una pagina tutta italiana  fra le più fulgide scritta proprio nella Romagna Fiorentina negli anni bui delle guerre e delle invasioni del tardo medioevo. Dell’evento eroico, spesso trascurato dalla storiografia locale, si sono occupate compiutamente quattro pubblicazioni: una dell’abate Giovanni Mini, “La vittoria al Passo delle Scalelle presso Campigno” Castrocaro 1892; due del compianto maestro marradese Renato Ridolfi: “Campigno La Battaglia delle Scalelle” del 1977 e ”Val D’Amone 24 luglio 1358 Cantata de Le Scalelle” una pubblicazione dell’Accademia degli Incamminati e del Centro Studi Campaniani “Enrico Consolini” a tiratura limitata curata da Raffaella Ridolfi  nel 2002 ed una del rontese Alfredo Altieri : “La battaglia delle Scalelle Marradi 1358” edizioni Pagnini 2004.

Dall’opera  “Val D’Amone 24 luglio 1358 Cantata de Le Scalelle” impreziosita dalla copertina recante il bozzetto di M.AZEGLIO della sconfitta de la compagnia del conte Lando, che ripropone per i lettori una delle pagine più importanti della storia marradese assurta a simbolo dell’orgoglio e del riscatto nazionale italiano dall’invasore quella appunto della battaglia delle “Scalelle” riportiamo qui alcune pagine:

“Il sole è alto e l’afa assai pesante; le cicale friniscono noiose, i ranocchi son sempre infastiditi e per la mulattiera polverosa rumor di ferri, scalpiti e nitriti. Avanza la cavalleria: Ghigo del Cavalletto le conduce in avanguardia attento, sulla strada che monta a Le Scalelle. La Grande Compagnia per le balze del Lavane e Campigno cerca i castelli Vicchio e Dicomano per essere pronta a dilagar nel piano. Caldo è il mattino; l’aria par tranquilla. Passano i cavalli indisturbati: non c’è vita d’uomini e animali tra le balze, le forre, i boschi e i prati: Avanti, avanti il transito è sicuro. Avanti, compagnia luttuosa, chè il terror, la potenza ed il fracasso tengono libero il passo! E per la gola stretta, faticosa, si serrano le truppe rumorose, sudate, cariche di ferro, di bottino, delitti e presunzione. La strada sale, verso il cielo; il sole batte: è un luccicare intorno: raggi d’oro e d’argento. E vanno e vanno gli uomini: son cento, no, più di mille e ancora tanti. Par che la valle stretta a Gamberara non possa contenerli tutti quanti. E sempre vengon sotto, ansanti, chi ride, chi urla, impreca, canta, beve; chi si lamenta del piacer breve della sera avanti, chi spera di trovar nel Mugello donne amorose, vino e buon ostello. Già l’avanguardia è a Farfareta, guadagna il Corniolo isolato, scavalca l’Alpe verde alla faggeta: E’ in vista delle piane della Sieva. Il grosso di quei turpi masnadieri passa Cà di Rinieri a Valdimora. Arranca, maledice e si dibatte: la mulattiera è pregna di sudore! Davanti a tutti col cimiero in mano, la briglia abbandonata, il capitano sul suo bianco caval: Michele Lando grande signore. Venuto da Alemagna per predare e farsi più potente, batte i territori fiorentini per contrastar gli scudi di Perugia in guerra coi senesi e gli aretini. Segue la truppa tintinnante di ferri che fan aspra la salita . Ansimano le spade ed i cimieri nella polvere che copre l’orizzonte e la meta che ad arrivare indugia. Quei predoni forzano i sentieri dell’Alpe che s’apre nel Mugello. Cigolano i carriaggi in retrovia appena mossi da Biforco irato. Conte Broccardo messo a parar le spalle, rude e solenne ha dato il via. C’è sussultar di ruote e un tentennar di carri. Trasudano i muli scalpitanti, li frenano! I postiglioni frustano i trapele le bestemmie calano nel fondo.

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Oh, spettacolo immane, impressionante, giammai visto nel mondo! Si meraviglia il caldo sol dei cieli, il fior del rosolaccio e dello spino. I tamburi or sono alle Scalelle dove par che la strada sia men dura: si arrestano un momento a respirare, a tutto petto l’aria deliziosa, ma un rotolar di massi e di tronconi rompe la pace e cade sugli ignari. Rumor di tuono, paura e sgomento! La vendetta li ha colti a dieci, a cento, li spinge nelle forre e nel burrone; son cavalli, son fanti ed i cariaggi che precipitano in gran confusione. Urla, grida, bestemmie, imprecazioni, rumor di ferri disperati, tonfi. Vera tempesta con fulmini e tuoni! Disordine, ferite, gran spavento han reso timorosi gli spacconi che cercan scampo tra le macchie folte. Ma nel verde fogliame traditore altro sangue, altra morte, altro furore. I valligiani offesi, indemoniati, fanno lavar col sangue ogni sopruso. Pochi maschi, le donne ed i bambini battono, graffiano, spogliano i guerrieri così forti e potenti ancora ieri, ora tapini, deboli, in balia di due forche, una marra e la follia strappata alla miseria e alla pazienza da quattro o cinque spicci di violenza. Non si salva nessun, neppure il duce Michel Corrado di Landau il conte: disarcionato, sanguina la fronte, ferito e senza spada lo tengono prigione. Paura assai pesante tra le scorte che sbandate nei boschi e tra i dirupi cercan, fuggendo, scampo da quei lupi che senza tregua li vogliono a morte. L’acqua del torrente è fatta rossa del sangue di uomini e animali. La grande compagnia è sgominata e lacrima nei boschi pugnalata. Non riceve pietà: son fatte belve le donne nel cercar chi fugge: odio, rancore in ogni petto rugge. Cala la notte sopra l’ecatombe, si spegne ogni lamento dei feriti. La luna tinge bieca la vendetta che gode nel cantar della civetta.”

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Al “Passo delle Scalelle”, nei pressi di Campigno è stato eretto, nel 1931, un cippo in arenaria per ricordare la “Battaglia delle Scalelle” (1358), quando i villani locali distrussero la compagnia di ventura comandata dal Conte Lando. Dino Campana nei Canti Orfici scrive: “…Ascolto: Le fontane hanno taciuto nella voce del vento. Dalla roccia cola un filo d’acqua in un incavo. il vento allenta E raffrena il morso del lontano dolore.”

 

Rodolfo Ridolfi

L’estate muta di Marradi

12395071_10208278450028625_2137441197_ndomenica 14 luglio 2019 E’ ormai quasi un mese che i Marradesi hanno gravi problemi con i servizi telefonici. E oggi c’è stato  per molte ore un blocco totale, con il mancato funzionamento di ogni tipo di cellulare. La situazione di disagio cui si aggiunge anche il cattivo funzionamento della ricezione delle tv non è nuova ma in questi mesi estivi si è incrementata nonostante le promesse evidentemente non mantenute del Sindaco che se la deve vedere anche con i disagi legati alla linea Faentina giustificati con i lavori ma che in realtà dipenderebbero dalla insufficienza di materiale rotabile. Si presenta o almeno fino ad ora non è stata certo una buona estate e questi disservizi non favoriscono certo il già ridotto afflusso turistico della località che un tempo fu con Palazzuolo Sul Senio  una delle capitali turistiche e culturali della “Romagna Toscana” .

 Al disagio ed alla timida e rassegnata protesta degli abitanti di Marradi dà voce il gruppo consiliare di minoranza “Siamo Marradi”, con un’interrogazione presentata dai consiglieri RaffaellaRidolfi, Giulio Bassetti, Alessandro Brasino e Mauro Ridolfi.

I consiglieri comunali ricordano che “dal 22 giugno scorso i cittadini di Marradi subiscono ripetutamente rilevanti disagi per l’interruzione della telefonia mobile che ha colpito in maniera altalenante tutte le compagnie senza eccezione alcuna fino a giungere all’apice del disservizio con il blocco totale proprio oggi 14 luglio”.

Si ricorda che “tale situazione può produrre effetti negativi in chi avesse bisogno dell’emergenza sanitaria o
della guardia medica” e che “che tale disservizio costante da anni in alcune aree del territorio comunale come Lutirano è stato accompagnato da ripetuti disservizi nella ricezione delle emittenti televisive Rai compresa”.

Nell’interrogazione si sottolinea poi come “al fine di rimuovere questi disservizi accompagnati da una anacronistica lentezza (quando funziona) dell’ADSL e del WI-FI, il sindaco ha istituito la delega alle telecomunicazioni affidandola al consigliere Fabio Gurioli; ma che nonostante l’impegno nominale la situazione è fortemente ed oggettivamente peggiorata come testimoniano le ricorrenti e numerosissime segnalazioni dei cittadini utenti.

Già in passato, il 2 maggio di quest’anno la capogruppo Ridolfi aveva chiesto conto della gestione e manutenzione e relativi costi del ripetitore Tv emittente la 7 in località Monte Colombo affidato alla Ditta Cat Telecomunicazioni di Dicomano che si occupa della gestione di sistemi riceventi/trasmittenti delle emittenti nazionali presenti nelle postazioni Monte Colombo.

Così i quattro consiglieri interrogano il Sindaco “per conoscere nel dettaglio di quali tavoli tecnici abbia chiesto formalmente l’attivazione alla Prefettura per sollecitare Telecom_tim e le altre compagnie al fine di risolvere i gravi disservizi, a quali e quanti abbia partecipato e quali iniziative il Sindaco e/o il delegato alle telecomunicazioni abbiano intrapreso per la soluzione dei problemi, e se e quali comunicazioni in merito abbiano fornito ai cittadini”.

Il 10 luglio 1944 muore a Gamogna, il faentino Bruno Neri, calciatore della Fiorentina, del Torino, della Nazionale, guida tecnica del Faenza 1940/41.

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mercoledì 10 luglio

75 anni orsono il 9 luglio 1944 i tedeschi a Marradi fucilano il partigiano Iandelli  e il 10 a Gamogna cadono in combattimento il calciatore partigiano Bruno Neri e Vittorio Bellenghi. Il coraggio di Don Ferrini

 

Al sergente partigiano Sergio Iandelli, ventenne, pellettiere fiorentino della 36a Bianconcini, catturato il 9 luglio 1944 seviziato e ucciso dalle SS tedesche, fu dedicata una lapide posta sul muro della strada che conduce a Palazzuolo sul Senio il 23 luglio 1945.

Domenica nove luglio ‘44 nel Casale di Modigliana, dove si trovava il parroco partigiano don Angelo Savelli, si riunì il battaglione Ravenna, forte di una quarantina di uomini, per prendere posizione fra la banda Corbari e la 36a Brigata Garibaldi Bianconcini. Il comando venne affidato a Vittorio Bellenghi, Nico, ex ufficiale del Regio Esercito ed al suo vice Bruno Neri, nome di battaglia Berni, calciatore che aveva giocato nel Faenza, nella Fiorentina, nel Torino e nella Nazionale italiana. La formazione partigiana si mise in movimento lungo il sentiero del crinale, diretta al Lavane e la sera aveva sorpassato il Torretto e l’indomani avrebbe raggiunto Gamogna.

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La strada fra Marradi e San Benedetto brulicava di tedeschi che avevano alle Canove il loro comando retto da un capitano con circa cento militari e molti uomini del luogo, rastrellati forzatamente e costretti ai lavori stradali. I due comandanti, partigiani, Bruno e Vittorio, decisero, con grande imprudenza, di andare da soli in avanscoperta a perlustrare l’area. Quando, nel primo pomeriggio, con le armi in pugno, giunsero al cimitero, vennero sorpresi allo scoperto da una pattuglia tedesca e nello scontro a fuoco furono uccisi. Il parroco, don Angelo Ferrini, cercò di dare ai due giovani una sepoltura dignitosa, ma, come raccontò in una intervista del 1989, dopo aver trasportato, aiutato dal partigiano Vincenzo Lega, i corpi dei due giovani nella cappella del cimitero parrocchiale, si recò in municipio a Marradi a chiedere le bare che gli furono negate con questa motivazione: “Non possiamo disporre nulla per dei traditori, per dei partigiani”. “Quindi dovemmo seppellirli in una fossa comune avvolti nella paglia e nelle frasche”. Il giorno successivo don Ferrini durante l’imponente rastrellamento nazista, dopo essere stato apostrofato dai tedeschi “Tu pastore badogliano adesso fare Kaput a te e bruciare chiesa”, come racconta Carlo Martelli nel suo libro Fascismo Antifascismo, sfuggì per miracolo alla morte grazie all’intercessione, presso i tedeschi, del parroco di Albero, don Vittorio Fabbri.

Rodolfo Ridolfi