Mauro Ridolfi: Ma quale “casa dell’acqua” pulite il fontanone della Chiesa e riducete le tariffe

sabato 27 dicembre 2014 Riceviamo da Forza Italia Marradi e molto volentieri pubblichiamo

fontanone della chiesa 3I profeti degli swap, quelli che hanno buttato i soldi pubblici nelle tombe del Lazzaretto, i tassatori implacabili, quando si tratta di acqua non ne indovinano una forse perché preferiscono la politica aperi. La storia di molti di loro li inchioda alla responsabilità di essere stati  i liquidatori dell’acqua pubblica coloro che hanno condiviso lo sciagurato percorso voluto dalle amministrazioni di sinistra a partire da Beppe Matulli per la svendita a Conami-Hera del Consorzio Acquedotto Valle del Lamone. Che tristezza vedere la parte responsabile della fine ingloriosa di una esperienza imprenditoriale economicamente virtuosa scodinzolare di fronte ai nuovi padroni rossi di Imola perchè Marradi da padrone della risorsa acqua ha scelto di trasformarsi in “garzone” dei compagni di Imola provocando ai cittadini solo incredibili aumenti delle bollette. Ma quale

 “Casa dell’Acqua”: “Fresca, frizzante e controllata!”.

Casa delle tre carte o se preferite delle bufale costose per i cittadini che non a caso arrivano con il ritorno in Comune dei nuovi-vecchi compagni che non dicono come le case dell’acqua, si sono a loro volta dimostrate un costosissimo esercizio di demagogia ad opera di questo o quel sindaco, che hanno speso denari dei contribuenti, altrimenti utilizzabili, per fornire acqua di rubinetto ai cittadini a cui l’acqua di rubinetto arriva già in casa. Con la “Casa dell’acqua”, dovrebbero invece spendere 0,05 € per acqua che possono già avere “gratis”, o per meglio dire “senza pagare”, anche dai rubinetti dei bagni. Questo è il responso di Altroconsumo che, nell’ultimo numero di Test Salute, ha messo a confronto l’acqua alla spina con quella di rubinetto. Risultato: non c’è motivo per preferire l’acqua delle casette a quella di casa, a meno che non si abbia un problema di tubature. Le società che garantiscono la distribuzione domestica, infatti, sono responsabili dei controlli fino ai contatori dei singoli palazzi. «I rubinetti erogano un’acqua che, stando ai parametri fissati dal decreto legislativo 31 del 2001, ha uno standard di qualità elevato – spiega Massimo Labra, docente di biologia vegetale all’università Bicocca di Milano, dunque, non c’è motivo di allontanarsi da casa per rifornirsi di acqua. Ciò nonostante, il primo bilancio di attività delle “case dell’acqua” è soddisfacente: secondo i dati riportati dal sito ufficiale, l’erogazione media di ciascun impianto è di circa 2.500 litri giornalieri, corrispondenti a un risparmio di circa 1.700 bottiglie di plastica da un litro e mezzo. Ma a chi è realmente utile questo servizio? Per gli amanti dell’acqua gasata e per chi trascorre in giro gran parte della giornata. Per tutti gli altri, invece, i vantaggi diminuiscono. Prendere apposta l’automobile per rifornirsi di bottiglie non conviene: né al portafogli né all’ambiente. Fare scorte è svantaggioso: l’acqua della casa, come quella del rubinetto, va consumata al massimo entro tre giorni. «Quando conserviamo l’acqua, non sappiamo se i nostri contenitori sono sterili – prosegue Labra -. Le bottiglie andrebbero tenute al fresco e in un ambiente poco umido. Non è consigliato, pertanto, accumulare litri di acqua sui balconi». La distribuzione di acqua potabile tramite le cosiddette «case dell’acqua» è una modalità di offerta del bene idrico nuova

Il punto è capire se esse lo siano davvero, o se il regolatore pubblico non stia cercando di veicolare il consumo di un bene con l’utilizzazione di risorse pubbliche, per la realizzazione di questo tipo di distributori al fine di stimolare le persone all’uso dell’acqua che scorre negli acquedotti (2 italiani su 3 sembrano non fidarsene), e di diminuire l’uso della plastica e del trasporto su ruote delle bottiglie. Si direbbe che siano tutte finalità condivisibili e ragionevoli, ma vi sono almeno tre questioni che gettano  ombre.

Le case dell’acqua non possono ritenersi un servizio pubblico essenziale o comunque un servizio di interesse generale per il soddisfacimento del «diritto all’acqua», atteso che i cittadini godono già della possibilità di bere l’acqua che scorre negli acquedotti direttamente dai loro rubinetti. Qualsiasi altra modalità di erogazione di acqua rientra quindi in un’attività di impresa che né gli enti locali né la regione e neppure le  partecipate hanno motivo di sostenere o frenare, il cui successo o meno dipenderà dalla scelta dei consumatori circa l’acqua da preferire, considerato, peraltro, la non equivalenza dell’acqua minerale rispetto a quella dell’acquedotto. E sulla non equivalenza riposano gli altri due motivi di perplessità circa lo stanziamento di soldi pubblici per favorire le case dell’acqua.

Per legge, le acque minerali sono quelle che, «avendo origine da una falda o giacimento sotterraneo, provengono da una o più sorgenti naturali o perforate e che hanno caratteristiche igieniche particolari e, eventualmente, proprietà favorevoli alla salute», e che dunque si distinguono dalle ordinarie acque potabili «per la purezza originaria e (…) conservazione, per il tenore in minerali, oligoelementi o altri costituenti ed, eventualmente, per taluni (…) effetti». Pertanto, un messaggio come quello che trapela dallo stanziamento di fondi per la costruzione e gestione di case dell’acqua, secondo cui le famiglie possono diminuire il costo dell’acqua da bere imparando a usare quella dell’acquedotto piuttosto che quella in bottiglia, è un messaggio ingannevole o almeno fuorviante, perché mette in concorrenza due prodotti che non sono equivalenti. A ben vedere, e questa è la terza perplessità, tale messaggio è anche discriminatorio nei confronti di quanti, pur essendo disposti a bere l’acqua dell’acquedotto, per motivi di salute devono bere particolari acque minerali, o è preferibile che lo facciano. È evidente che i soldi per finanziare le case dell’acqua provengono dalle tasse di tutti, ma verrebbero utilizzati per un servizio fruibile solo da coloro per i quali è indifferente bere semplice acqua potabile o acqua minerale.

Ricapitolando, il finanziamento delle case dell’acqua con soldi pubblici è: 1) ingiustificato, poiché interviene in quella che potrebbe essere una normale attività di impresa, ripagabile dai profitti come avviene ora con la vendita di acqua minerale; 2) ingannevole nel far ritenere agli utenti di poter risparmiare il costo dell’acqua in bottiglia, come se il prodotto fosse equivalente; 3) discriminatorio nei confronti di coloro che comprano acqua in bottiglia per finalità terapeutiche, e che parteciperebbero, da contribuenti, alle spese di costruzione e gestione delle case dell’acqua senza poterne usufruire.

 

A Marradi a differenza di altri Comuni  l’acqua del rubinetto gasata si pagherà, anche se solo pochi centesimi al litro, 5 centesimi al litro se si desidera quella frizzante o refrigerata.

Più o meno una casa dell’acqua costa 30.000 €. più o meno la cifra per l’installazione è questa. Questi costi vengono scaricati sui cittadini tramite la tariffa dell’acqua, poiché si tratta di un investimento Poi ci sono le spese di gestione annua, all’incirca di 15-20.000 €, che dovrebbero essere coperti, immaginiamo con il pagamento dei 5 centesimi di chi va a prelevare l’acqua frizzante. Nei bollettini della vittoria Conami- Hera e la sua consociata Adriatica non hanno raccontato i costi, si sono limitati a quelle che in altre parole, gli studiosi seri iniziano a far emergere come eco bufale, che farebbero risparmiare mirabolanti quantità di anidride carbonica e di plastica e conseguentemente di petrolio. Forse era meglio tenersi stretta l’acqua e investire nelle nostre fonti e sorgenti. A proposito quando pensa l’Amministrazione di ripulire e fare un po’ di manutenzione al fontanone della Chiesa e all’antico acquedotto dei Moratelli sempre che non sia passato ai compagni di Imola

l'on. Michaela Biancofiore
l’on. Michaela Biancofiore

 

Mauro Ridolfi

capogruppo di Forza Italia

nel Consiglio

dell’Unione dei Comuni  del Mugello