Renato Ridolfi, classe 1919, ricorda il Battaglione L’Aquila a Tarvisio

martedì 3 luglio
Sono passati sessantadue anni da quando, il 1 luglio 1950 partii da Marradi per Cividale, sede dell’omonimo Btg.Alpini, cui ero destinato dal luglio 1943, mai raggiunto causa “l’8 settembre” il giorno del “gran lutto italiano”. A Tolmezzo, punto di raccordo, fui vivamente pregato, dal colonnello comandante di aiutarlo a risolvere, per lui un grosso e spiacevole problema: nessuno dei signori ufficiali amava recarsi a Tarvisio presso il Btg.l’Aquila sempre dell’8° Reggimento Divisione Julia , ma volevano “Cividale”. Per me che non conoscevo gli alpini abruzzesi, non fu difficile rinunciare al mio diritto ed accettai di buon grado “Tarvisio”. Il 2 luglio pomeriggio arrivai alla Caserma del Btg. L’Aquila per la nuova esperienza. Era domenica Caserma deserta. Mi aggiravo per i piazzali alla ricerca di qualcuno che mi illustrasse la situazione. Nessuno. Il motivo lo conoscerò in seguito: ragioni di tattica e logistica militare in quel confine di dopoguerra. Erano le 15,30 circa quando mi si presentò il capitano Gori, ex ufficiale dei paracadutisti, reparti in formazione, un viareggino felice di trovare lassù un toscano. “Piacere! Ridolfi, lei verrà con me. La sequestro volentieri: Il mio reparto le piacerà e ci sarà utile”. Aspettamo il capo magazziniere, serg.magg. Facchinetti che mi consegnò l’equipaggiamento utile. Io lasciai la mia valigia di civile e con la seggiovia del Priesnig abbandonammo Tarvisio per l’accampamento della terza compagnia sotto il Monte Canin. Alle 19, 30 circa ero investito del servizio più delicato e prezioso del reparto: le salmerie. Come ufficiale di prima nomina dal luglio del 1943, fui ritenuto il più esperto e adatto a quel settore ricco di uomini ed animali, e soprattutto in quel tempo di assestamento dei confini. Così ho conosciuto subito gli Alpini abruzzesi. Ottimi come tutti gli Alpini d’Italia, compreso l’attendente Santucci(nella foto). Ricominciò per me la naja alpina, che ho sempre nel cuore, con tutte le sue emozioni, che,” il mio cappello del 1943” mi ricorda e mi rinnova.
Alla compagnia col capitano Gori, che lascerà per ritornare a Pisa alla Centrale di paracadutismo, dove diventerà generale, c’erano il sottotenente Mario Giordano, il tenente Rizza, il maresciallo maggiore Berneri(?) monzese capo della fureria, un sergente maggiore maniscalco alle salmerie, il tenente Pintus, il tenente Sequenza (oggi generale) ed altri. Comandante di Brigata prima il colonnello Domenico Montanari, forlivese,fino al 31 agosto 1950 poi il maggiore Ottavio Sacco,che rimarrà a Tarvisio fino al 26 marzo1951 persona stimatissima, che conosciutomi, mi incaricò di studiare la possibilità di portare il Cinema-Teatro in caserma. Trattai con la S.I.A.E. di Tarvisio e il risultato fu positivo. Un successo utile per tutta la truppa della caserma, un po’ fuori dalla città di Tarvisio. Ebbi anche l’incarico di allestire una palestra di roccia. La trovai e organizzai in Rio Bartolo e la guidai fino al congedo in dicembre, quando non ascoltai l’invito del caro maggiore Sacco , che mi voleva fermo a Tarvisio, come aiutante di campo, al posto del ten. Asselle, che aveva deciso di lasciare l’ufficio per riprendere la vita dell’alpino attivo. Durante la mia permanenza a Tarvisio ho conosciuto bene don Fiorino, il Cappellano militare reggimentale. Ancora: il maggiore Sacco mi comandò, agli inizi di novembre del 1950, di rappresentarlo, a Gemona, ai funerali del tenente Maso Monti, figlio del generale romano dei bersaglieri Monti. Con Tommaso eravamo nello stesso plotone ad Aosta nel 1941. Lui era del 1920. Dopo l’8 settembre 1943, ci siamo persi di vista. Ci siamo ritrovati nel tarvisiano nel 1950 ad una Messa al Campo. Restò ucciso, dopo poco, durante una esercitazione a fuoco in un tragico incidente per l’esplosione di una bomba a mano lanciata da una recluta alpina. I due alpini sospettati furono poi trasferiti dal “Gemona” all’”l’Aquila” proprio nel mio plotone.

Renato Ridolfi