Il “Canto proletario italo francese “ di Dino Campana nel 150°anniversario dell’Unità d’Italia.

venerdì 25 marzo
Lo spirito patriottico che infervorò i cuori al tempo delle lotte che portarono all’unità d’Italia, non fu estraneo al poeta Dino Campana. Negli anni della grande guerra scrisse infatti una poesia in cui espresse il suo amor di patria.
Nell’ambito delle manifestazioni organizzate dall’amministrazione comunale per il 150° anniversario dell’Unità d’Italia, il Centro Studi Campaniani ha ritenuto opportuno inserire una riflessione sul rapporto tra il poeta e l’Italia. Così ha dichiarato il presidente del Centro Studi, Mirna Gentilini, in occasione della mostra inaugurata dal sindaco Paolo Bassetti nel teatro Animosi di Marradi nella mattina del 17 marzo 2011.
In mostra oltre ai documenti dell’Archivio preunitario, quelli relativi all’inno patriottico scritto da Campana e al periodo storico in cui fu redatto, con particolare riguardo all’emigrazione locale.
Nel pomeriggio il rapporto tra Campana e l’Italia è stato affrontato dal prof. Silvano Salvadori nel suo intervento “ Italia ti amo con smisurato dolore” che ha proposto nel titolo i versi dell’unico testo poetico dedicato all’Italia dal poeta.
Il prof. Salvadori, dopo aver magistralmente recitato la poesia, ha spiegato come essa abbia avuto varie stesure e diverse varianti a partire dal titolo. Comparve la prima volta nel maggio del 1916 nella Riviera Ligure pubblicata da Mario Novaro a cui Campana l’aveva spedita, precisando che
“ passata la prima fiammata la abbandonai ed è restata incompleta”. Con il titolo “Domodossola 1915” il poeta la donò nell’estate del ‘16 a Bianca Lusena, una crocerossina amica della Minucci Fabroni, di cui era ospite ad Antignano, scrivendo lì per lì un autografo del testo.
Nel tempo furono scoperte altre copie manoscritte da Campana, ad esempio quella rinvenuta nell’edizione marradese dei Canti Orfici dedicata a Sibilla Aleramo o quella con la dedica “A Luchaire e alla Francia perché ci vendichi… osteria del gatto rosso , Domodossola 1915 (incompleta)”.
Il testo, ritrovato nelle carte del poeta e pubblicato negli Inediti a cura di Falqui nel ’42 e da Matacotta nella Fiera Letteraria nel ’46, riporta un altro titolo “Canto proletario italo-francese” giustificato da Campana in una lettera a Cecchi con queste parole: “è una poesia nazionale che continua in un rude canto popolare”.
E il Canto, come ha dimostrato Salvadori nel suo commento, è un’esaltazione del duro lavoro degli italiani nelle gallerie alpine che furono costruite tra la fine dell’ottocento e l’inizio del novecento.
Da qui Salvadori è passato al ricordo dei tanti marradesi che emigrarono per lavorare nella galleria del Sempione e di quelli che morirono nella galleria del Lotscberg nel grave incidente del 1908.
Memore di questi accadimenti, Campana, che sempre attinse dalla realtà, scrisse il Canto proletario in cui descrive il duro lavoro di scavo sulla pietra delle Alpi ed esalta la forza dei lavoratori che sfidano il destino.
L’analisi di Salvadori, decisamente interessante e nuova, ha puntato il dito su questa ispirazione “proletaria” che porta Campana vicino a idee socialiste di stampo repubblicano e trova motivo anche nel clima di rivendicazioni sociali che toccarono la Romagna alla vigilia del conflitto mondiale.
A tutti i presenti è stato distribuito un opuscolo contenente il testo della poesia e l’ampio commento a cura del prof. Salvadori.
Possiamo concludere affermando che il canto di Campana “ straziante quanto pieno di speranza per un rinnovamento” è un inno d’amore alla patria che ben si inserisce nei festeggiamenti del 150° anniversario dell’Unità ed è sprone ad andare avanti con coraggio verso il futuro.
“ …Cara Italia che ti importa/ti sei fatta a forzare la pietra/prendi coraggio questa volta/che la porta ti s’ aprirà…”.
Mirna Gentilini
Presidente Centro Studi Campaniani

Gara per l’affidamento dei servizi cimiteriali del Comune di Marradi.

Antica pianta del cimitero
Gara per l’affidamento dei servizi cimiteriali
Le offerte devono pervenire entro il 18 aprile

E’ stata indetta dal Comune di Marradi una gara pubblica per l’affidamento quinquennale dei servizi cimiteriali, per un importo complessivo di 128mila euro circa.

L’affidamento riguarda i servizi necroforici di inumazione, tumulazione, esumazione, e la manutenzione delle lampade votive per i cimiteri comunali del capoluogo e delle frazioni di Abeto, Lutirano, Sant’Adriano, Popolano, Badia del Borgo, Biforco, Crespino del Lamone e Campigno.

Le offerte devono pervenire all’ufficio Protocollo del Comune entro le ore 13 del 18 aprile. Per maggiori informazioni e chiarimenti ci si può rivolgere al Servizio Affari Generali del Comune di Marradi, tel. 055 8045005. Il bando di gara integrale è pubblicato e scaricabile dal sito www.comune.marradi.fi.it.

ufficio stampa

johnny tagliaferri
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Le celebrazioni dell’unità d’Italia a Marradi.

Fate sventolare il Tricolore dai balconi e dalle finestre ed esponetelo anche nelle vetrine dei negozi. E’ l’invito che rivolge ai propri cittadini il sindaco di Marradi Paolo Bassetti per festeggiare giovedì prossimo, 17 marzo, il 150° anniversario dell’Unità d’Italia colorando di bianco, rosso e verde tutto il paese dell’Alto Mugello.

I festeggiamenti prenderanno avvio già dalla mattina: alle 9,45, da piazza Scalelle il corteo guidato dal sindaco Bassetti raggiungerà il Monumento dei Caduti-piazzale Trento e Trieste dove si svolgerà la cerimonia dell’alzabandiera con la deposizione di una corona d’alloro, mentre alle 10,30 al Teatro degli Animosi (sala Mokambo) verrà inaugurata la mostra dei “Gonfaloni e documenti del periodo Pre-Unitario” (è stato realizzato anche un opuscolo).

Sempre al Teatro degli Animosi, alle 16,30 si terrà il convegno “L’Unità d’Italia a Marradi 1861-2011” che prevede, dopo il saluto del sindaco, gli interventi della professoressa Cecilia Filippini, “Gli stemmi e i Gonfaloni del Comune di Marradi dal Risorgimento ad oggi”, e del professor Silvano Salvadori, “Italia ti amo con smisurato dolore…” (inno patriottico di Dino Campana). Nell’occasione l’Amministrazione comunale conferirà l’attestato di riconoscimento “Gruppi di musica popolare e amatoriale di interesse comunale” alla Banda di Popolano, al Gruppo folkloristico “I Maggiaioli di Povlò” e al Coro degli Animosi, che concluderanno con un’esibizione la giornata di festa.

Italiani che hanno fatto l’Italia: il marradese Celestino Bianchi.

mercoledì 9 marzo

Ricordare il 150° dell’Unità d’Italia mi riporta immediatamente a quel 1961 a Marradi quando a tutti noi, studenti della Scuola Media,  l’assessore alla pubblica istruzione, della Giunta Bellini, Renato Ridolfi, mio padre, consegnò il libro che conservo ancora: “i Grandi fatti che portarono all’Unità”. Le cronache ci ricordano che quell’anno a Marradi: il 18 gennaio moriva nella sua villa di Popolano il pittore Eduardo Gordigiani; il 20 marzo Giovanni Talenti vinceva il circuito di Borgo San Lorenzo per dilettanti; il 23 aprile il Consiglio Comunale approvava, all’unanimità, il progetto per il mercato coperto; il 3 maggio il ciclista Vittorio Chiarini vinceva a Villa Sesta, a settembre sarà già  professionista; il 28 giugno moriva a Torino Anacleto Francini che veniva tumulato a Marradi; nell’estate la squadra marradese di calcio, la polisportiva, coglieva lusinghieri successi vincendo dieci incontri su dodici con un pareggio ed una sola sconfitta. La classifica dei cannonieri era la seguente: Eligio Montuschi (Ligino) 20 reti, Roby Baschetti 14, Pierino Razzi e Paolo Rossi (Paolina) 4; il 10 settembre il senatore Aldo Spallicci commemorava il centenario dell’Unità d’Italia. La Marradi del 2011, quella del 150° dell’Unità, a febbraio ha assistito, con tristezza, alla morte del grande allievo di Gordigiani Francesco Galeotti; ha appena ricordato l’8 marzo, con una significativa iniziativa dal titolo “Donne impegnate nell’Amministrazione del Comune di Marradi dal 1946″ e si prepara a ricordare solennemente l’Unità d’Italia, dopo avere ricordato, in occasione della Festa della Toscana del 2010, la figura di quel grande protagonista marradese dell’Unità  d’Italia che fu Celestino Bianchi che nel 1861 era Segretario Generale del Ministero dell’Interno del Governo di Bettino Ricasoli. Marradi Free News partecipa alle celebrazioni  riproponendo un breve profilo di Celestino Bianchi, già contenuto nel sito dell’Associazione Culturale “Il Maestro di Marradi. A Celestino Bianchi intelligenza che ha unito in sé i fermenti romagnoli e la lucidità toscana, l’Amministrazione Comunale dedicò una lapide il 3 dicembre del 1988. Celestino Bianchi era nato a Marradi il 10 luglio 1817 da Giuseppe Bianchi, scrivano e Susanna Ciliegioli. Compiuti i primi studi a Marradi a sedici anni si trasferirà a Firenze per proseguire gli studi presso gli scolopi, sotto la guida di padre Giovanni Inghirami. Il suo primo impiego fu quello di insegnante di storia e geografia presso l’Istituto femminile della SS. Annunziata di Firenze. Negli anni 1847-49 cominciò ad impegnarsi come giornalista politico. Collaboratore dal giugno 1847 del giornale “La Patria”, che appoggiava il gruppo moderato ricasoliano, ne diventò presto segretario di redazione e poi responsabile. Il primo dicembre 1848 fondò un proprio giornale, “Il Nazionale”, cui egli impresse un indirizzo filo-piemontese che appoggiava il triunvirato rivoluzionario di Giuseppe Montanelli, Giuseppe Mazzoni e Francesco Domenico Guerrazzi opponendosi però al progetto di unione con la Repubblica Romana diretta da Giuseppe Mazzini. Collaborò a titolo gratuito all’ l’«Imparziale fiorentino», giornale di beneficenza, i cui proventi erano destinati «a benefizio degli indigenti». Nel 1850, in seguito al ritorno del Granduca, il giornale venne soppresso e il Bianchi fu rimosso anche dal suo incarico di insegnante. Si diede allora ad organizzare con il fratello Beniamino una tipografia in Piazza Santa Croce trasferita poi in via Faenza al numero 66 dal 30 aprile 1860 che si denominò Barbèra, Bianchi e comp.. Ma Beniamino ebbe problemi di salute e Celestino non era molto adatto a correggere bozze e si recava nella stamperia solo ogni tre o quattro mesi così ma l’impresa finanziata da F. A. Gualterio non ebbe grande successo e venne presto rilevata da Gaspero Barbèra (Bianchi… ha il nome nella ragione commerciale per un riguardo che io e il M.se Gualterio abbiamo voluto usare alla sua famiglia allora numerosa, caduta in istrettezze quando il Governo toscano tolse a Celestino il posto di Maestro di Scuola nell’Istituto della SS.Annunziata ) La sua passione per il giornalismo politico trovò di nuovo modo di esprimersi con la collaborazione a giornali letterari del tempo come “Il Genio” (1852-54) e la “Polimazia di famiglia” (1853-55). Egli potè inoltre fondare di nuovo un proprio giornale, “Lo Spettatore”, che, divenuto presto uno fra i migliori giornali letterari della Toscana, diresse fino al 1858. Legato ai moderati filo-piemontesi, il Bianchi promuoveva tuttavia una linea politica che salvaguardasse l’autonomia della Toscana. Costituitosi nel 1859 in Toscana, in seguito alla fuga del granduca, un governo provvisorio sotto la guida del Ricasoli, il Bianchi ne fu nominato segretario. La notte del 26 aprile in casa del fornaio Dolfi si radunarono i capi del gruppo liberale nazionale e dei radicali alcuni del circolo Ricasoli e non pochi ufficiali dell’esercito, i quali stabilirono per il giorno dopo una grande dimostrazione; ne diedero avviso a tutte le città toscane, scelsero i nomi per la giunta provvisoria di governo (Ubaldino Peruzzi, Ermolao Rubieri, Ferdinando Zannetti, Vincenzo Malenchini e Bettino Ricasoli, che rifiutò dovendo recarsi dal Cavour, e fecero stendere da Celestino Bianchi il seguente manifesto: “Toscani ! L’ora è suonata: la guerra dell’Indipendenza d’Italia già si combatte. Voi siete italiani; non potete mancare a queste battaglie; e italiani siete anche voi, prodi soldati dell’Esercito Toscano; e vi aspetta l’esercito italiano sui campi di Lombardia. Gli ostacoli che impediscono l’adempimento dei vostri doveri verso la Patria devono essere eliminati: siate con noi e questi ostacoli spariranno come la nebbia. Fratellanza della Milizia con il popolo. Viva l’Italia, Guerra all’Austria ! Viva Vittorio Emanuele Generale in capo dell’Armata Italiana.
Celestino Bianchi prima deputato all’Assemblea dei Rappresentanti della Toscana, ed in seguito fu eletto deputato alla Camera dal 1860 al 1880 per sette legislature. Ricoprì la carica di Segretario generale del Ministero dell’Interno durante i due ministeri Ricasoli del 1860-61 e 1866-67. Collaboratore de “La Nazione” dal 1860, a partire dal 1871 ne divenne direttore fino al 1885 anno della sua morte. Quando divenne direttore de “La Nazione” aveva i capelli ed i baffi bianchi ed un pizzo tipicamente risorgimentale e portava dei piccoli occhiali sopra il naso. Agli anni della direzione di Bianchi risale il primato de ”La Nazione” a Firenze che vantava fra i suoi collaboratori De Amicis, Collodi e successivamente Yorick suo amico da quando Bianchi, era direttore dello Spettatore: “Ero giovane – scriverà YoricK – ero un po’ bollente di spiriti liberali, ero un po’ mordace nello scrivere e più d’una volta, ai tempi del granduca, ho compromesso i giornali ai quali davo la mia prosa. Ma ero a buona scuola, e imparai presto a saper dire tutto quello che volevo senza compromettere nessuno”. Fu l’ideatore di rubriche di successo, come quella della moda femminile. Bianchi politico della destra scoprì un nuovo tipo di lettore: la donna e. nei giorni del referendum per l’annessione al Piemonte, La Nazione ospitò un dibattito sul voto alle donne. Al Bianchi che studiò e lavorò sugli scritti di Giambattista Vico, si devono anche alcune opere storiche come la “La geografia politica dell’Italia” (1843), La Compagnia della Misericordia di Firenze Cenni storici (1855); “Federico Confalonieri e i carbonari del 21”(1863), Manuale di Storia Moderna (1454-1866) (1869).”Storia della questione romana”, (1870) e i volumi a carattere patriottico su “Ciro Menotti”, su “Venezia e i suoi difensori” (1863) e “I martiri d’Aspromonte” (1871). Tutta la sua opera fu protesa verso l’unificazione dell’Italia sotto la Casa Savoia. In particolare un suo opuscolo “Toscana e Austria” (1858) ebbe un’importanza decisiva contro il Governo granducale. Il giornalismo rimase sempre il suo amore sia negli anni più combattivi del 1848 e 1859 sia nel periodo dell’unità d’Italia quando si schierò con la destra. Anche il grande marradese Angelo Fabroni aveva saputo equilibrare spirito innovativo e conservazione dei valori tradizionali. Celestino Bianchi a Firenze fu protagonista di molte battaglie la più famosa quella per ottenere dal Governo Nazionale una “legge speciale” per la città poiché il Comune era alla bancarotta per le molte spese sostenute negli anni di Firenze capitale.

Rodolfo Ridolfi- direttore responsabile-