Omaggio a Campana nel 90°anniversario della morte

Dino Campana
lunedì 28 febbraio
Il 1 marzo 1932 moriva Dino Campana, mi piace ricordarlo a novant’anni dalla morte riproponendo una parte della mia relazione del 30 aprile 2004 all’annuale Conferenza dell’American Association For Italian Studies di Ottawa “Velocità e cinema in Dino Campana” In quel quel mio scritto dopo aver ricordato come la poesia di Campana rappresenti una ineguagliabile sintesi fra modernità e tradizione mi soffermavo sulla poesia Giro d’Italia in Bicicletta, 1° arrivato al Traguardo di Marradi che Campana in un altra versione con il titolo Traguardo dedicherà a Filippo Tommaso Marinetti. Una Poesia ed una dedica che ha fatto sottolineare, a molti critici, la vicinanza del poeta al cubismo ed al futurismo; in realtà Campana stesso ha scritto: Ogni tanto scrivevo versi balzani ma non ero futurista. Il verso libero futurista è falso, non è armonico. Io facevo un poco di arte. I futuristi li trovavo vuoti.

Campana è per tanta parte della sua opera un precursore, un’avanguardia del transrealismo poetico. La mia ipotesi su come è nata la lirica 1° arrivato al Traguardo di Marradi è stata quella di associare in modo del tutto particolare un evento sportivo del 1909 che ebbe come protagonista mio nonno, nato il 5 marzo del 1889 e che è possibile sia stato fonte di ispirazione per Dino Campana.
Domenico Vanni, mio nonno, nel 1909, a vent’anni, vinse la corsa ciclistica Firenze–Marradi come riporta l’edizione dell’Eco delle Scalelle nel numero unico del 13 luglio 1952, pubblicato per la Festa della Madonna del Popolo. Nell’articolo firmato Adriano, sotto il titolo Glorie del Passato Vecchi Tempi e Vecchi Campioni del 1909, si legge: Quella notte i cittadini marradesi, non chiusero occhio specialmente i giovani! In quella lontana giornata dell’estate 1909 era atteso l’arrivo, con ansia spasmodica, della prima grande corsa ciclistica Firenze-Marradi di oltre 90 Km che l’impareggiabile Cecchino Dal Pozzo aveva così brillantemente organizzato. Già alle 8 del mattino, un imponente gruppo di atleti, più di 70, è pronto per il via dal Ponte Rosso in Firenze, per slanciarsi, moderni dominatori dello spazio e del tempo, sulle allora deserte, assolate e polverose strade mugellane. C’era davvero motivo per perdere il sonno almeno per una settimana. Il meraviglioso, l’importante, l’incredibile, è che nello squadrone in partenza, insieme ai migliori dilettanti nazionali quali Marzocchini, Ciucchi, Guardiani e Mosconi, già celebri, ci sono anche i tre campioni locali: Betti Angiolino, Consolini e Vanni Domenico. Questi sono i nostri pionieri delle moderne avventure, i nostri primi eroi della bicicletta, i simboli e gli antesignani dei tempi nuovi, i beniamini di tutta la nostra gioventù. Tutta Marradi fin dalle nove si accalca sui marciapiedi di fronte all’ospedale e sembra che molta gente sia improvvisamente impazzita; “sono o non sono partiti? Sì, devono essere sulla salita di Polcanto! Saranno arrivati a Borgo? Macché, nemmeno a Vicchio! Quanti sbaglieranno strada a Panicaglia? Devono essere a Ronta! A Razzuolo! Vorrei contare quelli a piedi sulla Colla di Casaglia! Ci sarà l’Avvocato a Camurano? Arrivano, eccoli, no è Parigino che si torna a casa! Largo, largo, eccoli! No è il cane di Lorenzone; lasciatelo passare che ha paura! È troppo tardi! No è troppo presto! Ormai è mezzogiorno e non arriva più nessuno! All’improvviso, quando meno ci si aspetta, fra una confusione indescrivibile, trafelato, sudato irriconoscibile, dondolante quasi come un ubriaco, accolto da mille braccia arriva il 1°; è il nostro Domenico Vanni! Non arriva a scendere che viene acclamato e portato in trionfo! Viva Vanni! La gloria c’è, la carriera non può mancare; tutti ne sono sicuri tranne proprio l’interessato!


In questo articolo emerge l’influenza campaniana sul linguaggio giornalistico. Dino Campana aveva poco più di 24 anni quando scrisse la poesia “1° Arrivato al Traguardo di Marradi”. Poiché il Giro d’Italia nel 1909 non fece tappa a Marradi è possibile che Campana abbia assistito all’arrivo della prima corsa Firenze-Marradi:
Dall’alta ripida china precipita/Come movente nel caos di un turbine/Come un movente grido dal turbine/Come il nocchiero dal cuore insaziato/Bolgia di roccia alpestre: grida di turbe rideste/Vita primeva di turbe in ebrezze/Un bronzeo corpo dal turbine/ Si dina alla terra con lancio leggero/Oscilla di vertigine il silenzio dentro la muta catastrofe/di rocce ardente d’intorno/Tu balzi anelante fuggente fuggente nel palpito indomo/Un grido fremente dai mille che rugge e scompare con te/Balza una turba in caccia si snoda s’annoda una turba/Vola una turba in caccia Dionisos Dionisos Dionisos

L’anniversario della morte del grande “Maestro di Marradi” Francesco Galeotti

martedì 22 febbraio

Nell’area di Sant’Adriano, antica Scola, a poche centinaia di metri dalla “fabbrica dei marroni” diventata tristemente famosa in questi mesi per la più grande crisi occupazionale che abbia mai colpito colpito Marradi, a Casa Cappello, si erge, sopravvissuta alla distruzione del Castello, l’antica torre di Benclaro dove morì Maghinardo Pagano da Susinana nel 1302. Quell’antica torre di casa Cappello è uno dei temi più ricorrenti, insieme alle variopinte faraone ed ai girasoli, della straordinaria emozioni di colori che il grande pittore della Romagna-Toscana, Francesco Galeotti che a casa Capello ha trascorso molta parte della sua vita ci ha lasciato impressa sulle sue inconfondibili tele. In occasione dell’undicesimo anniversario della sua morte, 22 febbraio 2011, lo ricordiamo come Associazione Culturali “Opera In-Stabile” e Associazione “Il Maestro di Marradi”, che istituì, fin dal 2008, una personale sezione amici di Francesco Galeotti che realizzò, in occasione del suo novantesimo nel 2010, il libro monografico Francesco Galeotti: novant’anni di vita a colori e collaborò con l’Amministrazione Comunale e la moglie Maria, nel 2012, alla realizzazione della sala espositiva permanente di alcune sue opere ed al premio pittorico dedicato ai giovanissimi delle scuole medie. Francesco era nato il 25 maggio 1920 e se il Maestro di Marradi, ha colorato di porpore e di ori il nostro artistico passato, Francesco Galeotti occupa con grandi meriti un posto di rilievo per le sue meravigliose tele ricche di inconfondibili colori. Contadino, iniziò a dipingere fra le soste delle sue fatiche nel 1952. La sua predisposizione naturale lo avvicinarono al grande pittore macchiaiolo Eduardo Gordigiani durante i soggiorni a Popolano del maestro toscano. Ma la vera esplosione fantastica di Galeotti lo portò ad allontanarsi ben presto come sostenne, Anatole Jakovsky, dal lato aneddotico delle cose rappresentate, a tal punto che la forma e gli elementi che popolano le sue tavole acquistano una vita pressoché indipendente.
In questa ricorrenza mi piace riproporre infine quanto affermai e scrissi nel giugno del 1993 presentando la presenza di Francesco Galeotti a Firenze alla grande rassegna europea sui primitivi del XX secolo, da Rousseau il Doganiere a Ligabue: “….A Francesco Galeotti è affidato l’emblematico compito di rappresentare la Toscana con la sua opera Festa al girasole di faraone (1989). E’ un grande riconoscimento per la Marradi culturale che aggiunge un’ulteriore motivazione al suo buon diritto di continuare ad essere la Capitale culturale della Romagna-Toscana”. Galeotti ha travalicato con la sua pittura i confini nazionali e si è imposto all’attenzione internazionale con la presenza delle sue opere nelle collezioni private e museali di Svizzera, Francia, Germania, Inghilterra e Stati Uniti. Per questo ad oltre sessant’anni di distanza dalla personale dei suoi disegni alla Galleria Strozzina di Firenze non possiamo dimenticare questo originale e straordinario che la presenza dei colori e del tratto inconfondibile di Galeotti, lo hanno consacrato e consegnato definitivamente alla Storia della Pittura degli ultimi cento anni.
Francesco Galeotti è stato un originale interprete dei sogni, della sottile ironia, ma anche della magia delle ombre. La genialità di Galeotti è spesso inconsapevole ma non per questo meno pura e poetica, davanti ai suoi quadri spesso si respira la stessa tensione orfica propria della poesia di Dino Campana. In questo undicesimo anniversario della sua scomparsa, l’auspicio è che con ulteriori e specifici eventi, si faccia conoscere sempre di più il valore dello straordinario patrimonio artistico e culturale che Francesco Galeotti ci ha lasciato.
Rodolfo Ridolfi