LE GRANDI SVOLTE STORICHE DE “IL CASTELLACCIO” di BIFORCO. DA MANSIO ROMANA A ROMITORIO DI SAN ROMUALDO, A FORTEZZA E INFINE A PEDAGGIO DEI CONTI GUIDI.

martedì 6 novembre

Dal dottor Alessandro Mazzerelli riceviamo e molto volentieri pubblichiamo:
Su “Il Galletto” del 2 giugno 2001,1 sotto il titolo “Il Castellaccio è una mansione romana”, citavo fonti autorevoli, come il saggio di Alessandra Borgi, pubblicato nel 1977 per l’Istituto Geografico Militare di Firenze,2 nel quale si illustra, con criteri scientifici, tutti i luoghi delle soste, per il cambio dei cavalli e ristoro, lungo la faentina romana, via che fu ricalcata su quella degli etruschi, con partenza da Pisa e arrivo a Faenza. Era la terza Transappenninica dopo quella della Lunigiana , detta nel medioevo “Francigena” e dopo quella per Bononia (Bologna). La Borgi che fra diversi Autori fa particolare riferimento a Roberto Andreotti3 descrive, come segue, il tratto e le soste fra Pisa e Faenza: “ La strada iniziava in Pisa (Piazza dei Cavalieri) e lungo la riva sinistra dell’Arno passava per Cascina-Pontedera (“Valvata”) – San Miniato (allo sbocco della Valdelsa) – Empoli Vecchio ( “in Portu”) – Porto di Mezzo (“Arnum flumen”) – Firenze (Ponte Vecchio. Da Firenze la via, puntando a Nord-Est, saliva per la stretta valle del Mugnone (“Munio”) al valico delle Croci e scendeva alla Sieve alla stazione di “Anneianum” (Borgo San Lorenzo). Di qui risaliva il torrente Elsa per Pulicciano (“fundus Publicianus”) – Ronta – la Colla di Casaglia e scendeva nella valle del Lamone (“Anemo”) a Marradi, dove in località Castellaccio si trovava la mansione “in castello”. Oltre Marradi la strada continuava per San Casciano (San Cassiano n.d.a.) – Pieve di Tho – Quarto – per giungere infine a Faenza sulla via Emilia. L’attuale statale n°302 segue questo tracciato e percorrendola si ha la conferma della sua antichità.”

Passato l’Impero Romano, con l’avvento del cristianesimo “Il Castellaccio” conobbe un cambiamento epocale. In “Vite degli Uomini illustri per Santità della Diocesi di Faenza” trattando del “ Beato Pietro da Biforco – Camaldolese l’anno 1013” si legge: “ Biforco è piccolo castello sopra Marradi, … oggi Diocesi di Faenza. Quivi era un Monastero dedicato a San Benedetto, il quale fu donato da S. Enrico imperadore a S. Romualdo abate ancor vivente nell’anno 1012, affinché ivi ponesse i monaci del suo istituto, che vivevano in molta osservanza: il che ricavasi da un diploma spedito a detto S. Romualdo da quel principe tanto amante della Religione cattolica, che si legge nell’Ughello. E questa concessione fu fatta al santo a richiesta d’Ildeprando vescovo Faentino, che bramava d’avere nella sua giurisdizione quel sacro ordine. In questo sacro eremo, abitò un tempo il detto santo abate, consacrandolo con la sua presenza. Quindi è, che sparsi que’ santi romiti per que’ luoghi ebbero poi con il tempo altri monasteri e romitori fra quelle balze vicine, e in Gamugno (Gamogna n.d.a.) ed Acerreto fabbricati da S. Pier Damiani, come si disse nella sua vita. In questo luogo di Biforco vissero in grande santità molti religiosi, e fra questi si segnalò un tal monaco Pietro nativo di questo paese, il quale con titolo di Beato vien riportato dagli autori, degno che qui ne facciamo memoria.” Che il Monastero si situasse ne “ Il Castellaccio”, trova conferma anche nella notevole opera del Prof. Giovanni Cavina 4 il quale, con molta chiarezza, descrivendo il luogo e le fonti, scrive: “ Il Metelli fa menzione di “un luogo, che da due torrenti che insieme metton capo, era detto Biforco, d’ogni intorno da altissimi monti chiuso, e cinto di aspre e forti boscaglie. Ivi era un Eremitaggio (Anno di Cristo 986), dove andavano a rifuggirsi tutti coloro che stanchi del travagliato vivere civile si pensavano di avervi a trovare quieta, e riposante vita.” Detto eremitaggio fu visitato da San Romualdo, il quale da Parenzo nell’Istria ad esso si portò nell’anno 1003 e trovò molto da ridire sulla inosservanza delle regole da parte dei Cenobiti . Non si tenne dal riprenderli e “li confortò di non voler reggersi di proprio arbitrio, ma recando tutto in comune e creando invece un Abate, il quale come capo dirigesse il tenore di vita e delle orazioni, ma non parendogli poi ch’essi rimettessero troppo delle vecchie usanze, se ne partì abbandonando Biforco di meno lieto animo di quello che si era affaticato a pervenirvi.(Metelli)
Anche il Notaro Achille Lega fa cenno a questo eremo: “ Biforco prende fama dalla vicinanza dell’Eremo al quale dall’Istria venne San Romualdo, e in cui allora abitavano alcuni cenobiti. Quivi congiungendosi il fiume Lamone coll’impetuoso torrente che discende da Campigno, sopra un ponte si ha passo alla sinistra di esso e si giunge a piè dell’erto monte, su cui si estolle una Torre, avanzo del fortissimo Castello di Castiglione.”

Nella sede dell’Antica Rocca esiste oggi una villa denominata “Il Castellaccio” (mentre dal popolo si dà il nome di Castellone alla vecchia Rocca sovrastante) Essa appartiene da gran tempo alla famiglia Zacchini…”

Attualmente , nella struttura, oltre al pozzo “romano” di bellissima fattura, profondo più di 25 metri, è stata ritrovata una lastra di pietra serena, su cui appare inciso uno schizzo di indubbio interesse. Si vede una torre, alla cui sinistra sventolano bandiere di guerra a coda di rondine, mentre a destra della torre è incisa una croce. Si potrebbe arguire che si è voluto evidenziare il successivo passaggio de “Il Castellaccio” da Monastero a fortilizio. Struttura militare che viene chiaramente descritta da Emanuele Repetti5 :

“ Biforco di Marradi in Val di Lamone. Castellare con sottoposta borgata fra il popoli di San Lorenzo di Marradi e quello di San Jacopo a Cardeto, a mezzo miglio toscano a libeccio di Marradi, Diocesi di Faenza, compartimento di Firenze.
La rocca di Biforco, detta IL CASTELLACCCIO, è posta sul cono di un’alta rupe di macigno presso all’imboccatura dei torrenti di Valbura e di Campigno, i quali si maritano costà col fiume Lamone. Appellasi questo Biforco di sopra, mentre la sottostante borgata lungo la strada provinciale di Faenza porta il nome di Biforco di sotto, e costituisce il sobborgo meridionale di Marradi, dove esiste una bella chiesa con il soppresso convento dei frati serviti sotto l’invocazione della SS. Annunziata. Il castello di Biforco, era uno dei molti posseduto dai Conti Guidi, registrato nei privilegi a questa famiglia concessi dagl’imperatori Arrigo VI e Federigo II.
Fu tra Castiglione e Biforco , dove alloggiò, nel 1358, il capitano Lando alla vigilia dell’assalto dato al temuto suo esercito dai villani del sovrastante Appennino, inviluppando e facendo prigione il conte istesso nelle anguste gole fra Biforco e il passo della Scalelle. (M. Villani Cron. Fior.)”

Anche su “La Romagna” di Emilio Rosetti emerge molto chiaramente il grande ruolo storico de “Il Castellaccio” affermando, fra l’altro: “ In Biforco fu un antico castello, che seguì quasi sempre le sorti della Rocca di Castiglione e di Marradi. Nel 1371 Castum seu Rocha Biforchi era posseduto dal Conte Guidone di Battifolle.” Infatti chi salendo alla Rocca di Castiglione, o Castiglionchio, si spenzola da quella che il compianto pittore e professore Lanfranco Raparo, chiamava la “gabbia dei grilli”, impiantata recentemente intorno alla Mastio, vede subito il tetto de il Castellaccio, il che mi porta a pensare che dal Castiglionchio avvertivano, con segnalazioni ben visibili, cioè un fuoco in cima al Mastio, l’arrivo di eventuali nemici o stranieri, verso i quali da prima si sarebbe mossa la piccola guarnigione de il Castellaccio. Il quale, che si fosse nel frattempo trasformato da struttura religiosa in una struttura militare, lo evidenzia il fatto che presenta alla sua destra uno sperone, che ha muri in pietra di ben due metri e venticinque centimetri… come si evince da due vecchie feritoie. Divenne, infine, un luogo di pedaggio a favore dei Conti Guidi. A questo proposito è di notevole interesse la ricerca del Gruppo Archeologico di Dicomano , il cui studio giunge a chiare conclusioni : “ Dalla località di Biforco, dov’era ubicato un pedaggio imposto a merci e viaggiatori appartenuto ai Conti Guidi e che è stata identificata come l’area della stazione CASTELLUM (Castellaccio n.d.a.) della via faentina romana, (qui, ove n.d.a.) la strada proveniente dal fondo valle romagnolo si separa in due tronchi. Da Biforco, per la ben nota via del passo della Scalelle, si poteva raggiungere sia Villore, sia Belforte, sia la località di Corella dopo la quale ci si immetteva nella valle di Comano, sulla via di collegamento tra Dicomano e San Godenzo. Pedaggi: Biforco, sotto il controllo dei Conti Guidi. Crespino, apparteneva agli Ubaldini. Colla di Casaglia, di nuovo sotto il controllo dei Guidi. (Anno 1330 circa)7 “

Che il luogo abbia avuto un ruolo militare, oltre che storico, lo si evince anche dal fatto che il Conte Lando mosse la sua Compagnia dal piccolo altopiano de il Castellaccio, ove, compiendo la sua soldataglia furti e violenze, finì con il provocare l’eroica reazione dei marradesi di allora, che al Passo delle Scalelle, il 25 luglio 1358, scrissero una pagina di gloria imperitura, immortalata dalle parole di Niccolò Machiavelli, che definì i marradesi : “armigeri” e “fedeli” alla Patria Toscana.

Alessandro Mazzerelli