Gianna Botti raggiunge quota 10. La rivista Carta e Penna pubblica il racconto di Gianna “La margherita” che riportiamo.

Gianna Botti
mercoledì 4 dicembre
Ancora un premio per la scrittrice di Marradi che in soli 18 mesi ha ottenuto ben 10 riconoscimenti a livello nazionale. L’ultimo in data è il Premio Letterario Nazionale ” N. Giordano Bruno” XXI Ed. indetto dall’Accademia internazionale AMICI DELLA SAPIENZA sotto l’alto patrocino della Regione Sicilia; Università degli studi di Messina; CCIAA di Messina; Assemblea Regionale Siciliana; Provincia Regionale di Messina; Comune di Messina; Club UNESCO siciliano di Messina nel quale il romanzo All’Ombra del gigante, a unanime giudizio della giuria (presieduta dal Prof. Pietro Navarra Magnifico Rettore dell’Università degli Studi di Messina e composta da docenti Ordinari dell’Università degli studi di Messina, critici letterari, giornalisti del quotidiano La Sicilia ), è stato proclamato Vincitore Assoluto. Ormai possiamo affermare che dal Piemonte alla Sicilia, passando per Milano,Venezia, Firenze, Roma, Cosenza, la scrittrice di Marradi unisce l’Italia: quella delle giurie, dei premi letterari. Marradi Free News pubblica di seguito il racconto ” La margherita” di Gianna Botti pubblicato nel numero di dicembre sulla prestigiosa rivista letteraria Carta e Penna all’interno della sezione: Un racconto in 1800 battute

La Margherita

Era solo una banale margherita, di quelle che punteggiano prati e cigli stradali, nate dal capriccio del vento; ma per lei, in quel febbraio uggioso e freddo, era qualcosa di speciale. Chi l’avesse incontrata, difficilmente avrebbe notato fra il ciarpame ammassato nel carrello, una margherita trapiantata dentro un contenitore di plastica gialla, e a nessuno sarebbe venuto in mente di chiedersi a cosa sorridesse la vecchia barbona e perché nell’incedere avesse un che di solenne. Ciò che stava dentro la scatola gialla era un dono del cielo, una scintilla di bellezza nello squallore cupo che si portava addosso; per questo procedeva accorta, attenta alle oscillazioni della piccola corolla. Di quando in quando si sporgeva in avanti bisbigliando – Scusa, cara, non ho visto la buca… Reggiti forte… Siamo quasi arrivate…-
Il pallido tramonto sfumava di rosa il Cupolone, quando il carrello fermò la corsa quotidiana contro un muro dal sapore antico. La clocharde scaricò buste di plastica e pacchi di giornali. Nell’ombra allungata del Portico d’Ottavia, la margherita, piano, piano si chiuse. Raggiunto l’ammasso di cartoni che erano il suo letto, la vecchia si raggomitolò con la scatola gialla nell’incavo del gomito. Poco a poco altre ombre si sdraiarono su altri cartoni, qualcuno accese il fuoco nel vecchio bidone, alcuni vociarono passandosi una bottiglia di vino, un tizio ruttò scatenando l’ilarità generale, lei rialzò il bavero del cappotto.
– Una coperta è meglio.- bisbigliò una voce ormai nota. – Bella vero? L’ho trovata sull’Appia.-
– E tu?-
– Ne ho un’altra… Cosa nascondi lì?-
– Niente!-
– Come niente, fa vedere?!-
– Va via!- gridò strappandogli la coperta di mano.
L’uomo dai capelli arruffati la guardò storto – Mica lo volevo mangiare il tuo stupido fiore.- mugugnò rintanandosi poco distante.
Avvolta nella coperta, la donna vegliava la piantina e malgrado la notte fredda, un piacevole tepore avvolgeva l’anima. Anche i pensieri erano tiepidi : piccolo, tenace fiore sfidava venti e tempeste chiudendo nella bianca corolla bisbigli di sole, promesse d’estate e notti sussurranti di luna. Margherita, un bel nome da dare a una bambina se mai fosse nata…Schegge aguzze di memoria le trapassarono la mente. Spinse le dita sulle tempie per arrestare l’onda dei ricordi: troppo tardi, era in un altro tempo, in un’altra vita. Rivide Pavel, ubriaco di gelosia quanto di vodka, spalancare la porta del camerino. Schiumante d’ira imprecò lanciandole addosso quei mazzi di fiori dono di sconosciuti ammiratori, e quando lei cadde proteggendosi il viso coi gomiti, infierì prendendola a calci nel ventre. Sudato e spettinato chiuse la porta, lasciandola nel calore umido del sangue che inzuppava l’abito da scena. L’urlo dell’ambulanza che correva nella notte, il risveglio impastato fra le lenzuola, la voce del medico che le annunciava l’interruzione della gravidanza con la spietata certezza scientifica che non avrebbe mai più avuto figli…E quell’uomo orrendo, quell’infame se ne stava ai piedi del letto sussurrando che l’amava! Per sfuggire alla sua presenza s’era tirata il lenzuolo sulla testa ed era rimasta immobile, i pugni chiusi stretti ai fianchi, pregando Dio perché se ne andasse. Appena la camera tornò silenziosa, si vestì in fretta e in fretta scappò dall’ospedale. Via da quella città, lontana da lui, lontano, lontano…Inghiottita dall’universo dei senza nome, da molti anni, troppi per ricordarsene, viveva nascosta al mondo. Il tempo aveva seminato fili grigi fra i capelli senza intaccare quel dolore che adesso, sotto il Portico d’Ottavia, tornava a martoriarla. Strinse i denti portando le mani al ventre. Tesa in uno spasmo, volse la testa: la margherita era lì, paziente nella corolla chiusa, aspettava l’alba e un raggio di sole per tornare a vivere. La strinse contro di sé percependone il delicato profumo. Come un filtro creato da una fata, quell’odore attenuava le fitte lancinanti. Leggero, eppure potente, la proiettava in un universo di quiete. S’immaginò bambina correre su un prato punteggiato di margherite, con la brezza che giocava a rimpiattino tra le cime degli alberi prima di scendere ad accarezzarle i capelli. Poteva sentire il fruscio dell’erba sotto i piedi e quell’uccello innamorato che, a trilli leggeri, chiamava la compagna. Anche lei era leggera, così leggera da sfiorare le fronde luccicanti, e le bastava allungare la mano per acchiappare le nuvole. Il sole era una dolce carezza sul viso – Vieni…- sembrava dirle tracciando in cielo una strada dorata – il mondo da qui è così bello! Vieni, Lujanta, non hai più dolore, né amarezza, né passato.-
Con la piantina stretta al petto, la barbona chiuse gli occhi. Così la trovò il netturbino. – Povera disgraziata.- commentò tirandole la coperta sulla testa. Poi avvisò la circoscrizione. Quando gli addetti misero il corpo nella bara d’alluminio, gettarono il contenitore giallo fra il ciarpame appartenuto alla barbona. Solo l’uomo dai capelli arruffati notò la margherita. Per un attimo rimase a guardarla, sorrise, e con la scatola sottobraccio, s’incamminò per le vie di Roma.