I testi che hanno vinto il Premio Letterario Nazionale Dino Campana nella 9^ Edizione 2022

sabato 24 settembre Premiati a Marradi i vincitori ecco i testi:

1° Classificato Luciano Giovannini con Espresso 1486 Italicus

Espresso 1486 Italicus

A Silver Sirotti, il ferroviere che il 4 agosto 1974 ha sacrificato la propria vita nel tentativo di salvare i passeggeri dell’espresso 1486, meglio noto come Italicus.

Io son ferroviere e vedo le case passare
come gli alberi, le macchine e il mare.

Non sapevo che sarei morto
in questo giorno d’agosto
tra i campi di grano
e i mille ordinati filari.
No. Non lo sapevo.
Non lo sapevo quando il treno
fu rapito da fiamme e da pianto.
La notte calò improvvisa nel cielo
che pian piano stava volgendo al tramonto.

Io son ferroviere e vedo le case passare
come gli alberi, le macchine e il mare.

Quanto coraggio ci vuole a non avere coraggio
ad essere fermi quando l’odio t’inchioda le ali
sulle pareti di un grigio destino
ma io non ci misi neppure un secondo
ed entrai nel vagone vicino.

Io ero ferroviere e amavo tanto viaggiare
quanto mi mancano le case, le macchine e il mare.

2^ classificata Monia Casadei con Vieni a cercarmi dentro una fessura

Vieni a cercarmi dentro una fessura
Io esisto sempre in una fenditura,
nella fessura aperta lungo il muro
– crepa da cui si scorgono orizzonti.
Respiro nello iato, dentro la spaccatura,
in uno strappo, nello spioncino aperto
– ancora incuriosito di confini.
Vivo nel taglio obliquo d’uno sguardo,
nell’apertura avida di varchi,
nel foro, nel pertugio, nell’occhiello.
Mi trovi dentro l’incavo del collo
– in cerca di profumi o di promesse –
nell’interstizio arioso tra incisivi,
nello spiraglio celibe di mura.
Sono nell’intervallo muto tra due verbi,
ascosa tra i segreti delle toppe,
sospesa a serrature d’altri vani
– forse a spiarvi il gesto dell’attesa
o a rovistarvi le opportunità.
Invece tu mi cerchi lungo i muri,
nelle certezze solide di rocce,
tra calcestruzzi e intonaci sicuri
– come s’io avessi un’anima di calce.
Frughi nell’emisfero levo del cervello,
nell’evidenza stabile del mondo,
nei giorni fenomenici di sole
– di pioggia o neve o fulmini precisi.
Mi pensi nei poliedri con la base
– supini monoliti sul ripiano –
dentro equazioni certe di sé stesse,
nei quanti che s’allineano costanti
– io che ricordo un atomo impazzito.
Esplori nella fame e nell’arsura,
dentro la biologia di cellule e neuroni,
nelle cloache chiuse sull’asfalto
o dietro l’equilatero imparziale.
Io, viceversa, oscillo nella brezza,
con l’occhio infatuato dei prodigi
e il cuore incapricciato d’infinito.

3^ classificata Grazia Ciampaglione con Chiedimi

Chiedimi come sto,
come sto dentro,
non quanti anni ho,
quante ferite ancora
bruciano nel profondo,
quante notti spalanco
occhi troppo angosciati
e mi chiedo insistente
come sarà domani.

Chiedimi come sto,
come sto con me stesso,
quale disagio oscuro
mi tormenta nel cuore,
mi fa sentir sbagliato
o piccolo a dismisura,
denudato, indifeso,
spaventato da mostri
che io solo conosco
e troppo spesso incontro.

Chiedimi come sto,
come mi vedo,
non davanti a uno specchio,
ma di fronte a ogni scelta,
quanto stride il mio giorno,
malinconico e stanco,
coi desideri ardenti
che mi scuotono dentro,
che tempestano e agitano
il mio mare interiore.

Chiedimi come sto,
non sprecare parole,
non parlare del meteo,
della moda o del calcio,
dammi la possibilità
di gridare la rabbia,
di urlare il mio dolore,
di dirti che ho bisogno
di tirar fuori lacrime
seppellite da tempo.